Non è stata una mia scelta, sono stata obbligata. La mia tana non l’ho scelta io. È stata la pandemia, probabilmente anche il fatto che mi piaccia dormire, la camera da letto è quindi il luogo ideale.
Questa stanza mi piace, parla di me. I dipinti sui muri parlano di me, e lo fanno anche la mia scrivania costantemente disordinata, il mio letto perennemente sfatto e il divanetto ricoperto di vestiti appena stirati. La mia tana rispecchia la mia mente.
Quando la pandemia ha avuto inizio, ho dovuto rinchiudere me stessa in casa, come il resto della popolazione mondiale. Sono rimasta chiusa nella mia stanza per lunghi, infiniti mesi, mi sentivo soffocata e obbligata a dover fare i conti con la solitudine. Allo stesso modo la mia mente è diventata la mia tana, scappavo dal mondo per inseguire i miei pensieri, cercando di afferrarli e godermeli, ma loro scappavano, fuggivano, e io li rincorrevo per ore e ore. Molte ore. Troppe ore. La mia tana stava diventando la mia prigione, la mia condanna. Senza accorgermene venivo risucchiata dalla malinconia, la monotonia. Un buco nero. La mia mente mi aveva fatto conoscere molte emozioni, maggiormente tristi, come la depressione.
Odiavo la mia tana, volevo uscirne.
Passavano i mesi, che diventavano anni, ma io ero ancora chiusa nella mia tana e nella mia mente, non volevo saperne niente del mondo fuori dalla mia camera. Non trovavo il senso di farlo, l’esterno era un posto orribile, preferivo rifugiarmi nella mia fantasia.
Ma grazie all’aiuto di una persona speciale sono riuscita a uscire dalla mia mente, non sono più in trappola. Da quel giorno ho passato mesi e mesi immersa nella natura. Ma la mia tana è sempre stata con me, alla fine della giornata tornavo da lei. Ed era piacevole. La mia tana è diventata un luogo piacevole e che racconta la mia storia.